Celebriamo oggi, 2 giugno, la nascita dell’Italia repubblicana. Lo facciamo da cattolici impegnati a riproporre quotidianamente i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa, dalla priorità della persona umana – che è portatrice di diritti inalienabili, antecedenti allo Stato e che lo Stato è chiamato a riconoscere e promuovere – alla sussidiarietà, dalla solidarietà a quella laicità che riconosce la distinzione e insieme il dialogo tra ordine politico e ordine spirituale.
Come cittadini della Repubblica intendiamo concorrere con tutti gli altri affinché le istituzioni, le forze sociali politiche e culturali assumano pienamente il compito e la responsabilità di costruire un’identità nazionale ed europea all’altezza delle esigenze dei nostri tempi.
In particolare come cittadini “degni del Vangelo” possiamo e vogliamo sottolineare alcuni aspetti decisivi: la costruzione di un senso di comunità inclusiva e accogliente, superando la visione individualistica e competitiva oggi tanto diffusa ma inadeguata, incapace spesso di scorgere l’orizzonte di un “noi più grande”; la visione della politica come “amicizia civica” che, nella diversità di opzioni progetti e strumenti, sa articolarsi in un sistema complesso di regole comuni. Sono queste le istituzioni, quali espressioni e strumenti dello Stato a servizio di tutti i cittadini, vere e proprie garanzie per il rispetto e lo sviluppo della libertà; in questo senso occorre comprendere il carattere “progressivo” della Costituzione, che non si limita a indicare regole e libertà formali, ma suggerisce una prospettiva di valore verso cui la società deve essere orientata (emblematici in tal senso sono gli articoli 2 e 4 della Carta costituzionale).
Lavorare per una Repubblica più coesa non significa ripristinare miti e forme di esaltazione retorica dell’identità nazionale, ma implica riconoscere e rispettare la funzione dei simboli nazionali; allo stesso modo lavorare per l’integrazione non vuol dire riprodurre l’illusione di una vaga “cittadinanza mondiale” priva di differenze, già pronta a una completa e immediata inclusione di tutti i soggetti, ma richiede tanto di dare segnali chiari per il rispetto della diversità e di ciascuna persona, quanto di valorizzare le istituzioni internazionali. Così cogliere i limiti e le contraddizioni spesso antecedenti alla stessa Repubblica (specie tra Nord e Sud), può essere assai utile per acquisire progressivamente un livello più maturo di coscienza civile e morale, capace di distinguere (senza contrapporre) i valori da perseguire con le tappe che concretamente si possono costruire e praticare.
In sostanza, riconoscere il valore delle identità locali e nazionali, così come la prospettiva europeista in cui la Repubblica si pone, significa promuoverne il rispetto e l’integrazione, considerando come le identità non siano però elementi fissi e rigidi, ma dei veri e propri processi di costruzione di cultura e mentalità (e poi anche di progetti politici e socioeconomici), che si possono orientare in senso costruttivo o distruttivo. L’esempio recente delle tragiche vicende dell’Ucraina è indubbiamente un’occasione di riflessione per tutti.
La storia ha i suoi tempi e le sue ragioni. Il contributo che i cattolici hanno dato alla storia d’Italia, alla nascita della Repubblica e alla crescita civile del Paese, spesso pagandone un prezzo altissimo, rivela ancora oggi un punto alto di sintesi e di mediazione. In quella felice stagione costituente esperienze e culture diverse si sono riconosciute in un comune patrimonio di valori – libertà, centralità e dignità della persona, tutela del lavoro, solidarietà e coesione sociale – alla cui progressiva, concreta attuazione i cattolici hanno ampiamente concorso, con un forte impegno nel mondo della cultura, dell’associazionismo, del sindacato e del volontariato, così contribuendo ad arricchire il rapporto tra società civile e istituzioni pubbliche. Un’eredità che raccogliamo e che ci impegniamo a far fruttificare.
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