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Insieme, si cresce, si ama, si vince - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Insieme, si cresce, si ama, si vince

Colori, suoni, aria di festa, il vociare gioioso che accompagna gli abbracci dei molti che si ritrovano insieme dopo tanto, troppo tempo: c’è questo è molto di più al Convegno nazionale degli educatori Acr “Passare per crescere”. In centinaia da tutta Italia, arrivati a Roma ieri, il giorno dopo aver festeggiato nella propria parrocchia e diocesi la Festa dell’adesione all’Ac. La Festa di un grande “Sì” che dice vogliamo bene alla Chiesa e al Paese; vogliamo bene e ci prendiamo cura dei fratelli e delle sorelle che incontriamo sulle strade della vita di ciascuno di noi. I presenti alla tre giorni Acr – si chiude domenica 11 dicembre – tra Roma e Sacrofano, con i loro sorrisi genuini questo in fondo testimoniano: «Educare non è questione di tecnica, ma capacità di essere appassionati, disponibili ad offrire ciò che siamo; a partire dai nostri talenti, che diventano luminosi nella misura in cui li offriamo agli altri». Sono le parole del Presidente nazionale Ac, Giuseppe Notarstefano, a lanciare il primo input di riflessione con il suo saluto ad inizio lavori: «“Passare per crescere” è un tema importantissimo perché si immerge e ci immerge in un periodo storico fatto di passaggi, in un cambiamento d’epoca come l’ha definito Francesco, che chiama tutto il mondo e la Chiesa a passare, a mettersi in condizione di divenire. Una prospettiva in cui anche tutta l’Azione cattolica è chiamata a collocarsi. Con speranza, che non a caso e al centro degli Orientamenti triennali dell’Associazione. E in “stile sinodale”, che per noi di ac significa rendere tutti protagonisti del cammino sinodale della Chiesa a partire proprio dai più piccoli, dai ragazzi».

Mancanti e incompiuti, ma creati per crescere

La relazione di apertura di Ignazio Punzi, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’associazione “L’Aratro e la Stella”, è un immediato “pronto soccorso” a quanti temono il peso delle domande del Convegno: “Di cosa parliamo quando parliamo di passaggi?”, “Cosa succede quando passiamo e cosa succede ai bambini e ai ragazzi quando si trovano in momenti di passaggio?”, “In che senso un momento di passaggio coincide con una rinascita?”. Dopo aver ricordato il suo essere stato acierrino, l’autore di I quattro codici della vita umana. Filialità, maternità, paternità, fraternità, ci ricorda che: «Nasciamo mancanti e incompiuti», e che i passaggi di vita sono «una possibilità, anzi una auspicabile possibilità da cogliere». Attraverso il nostro «saper essere in relazione», del resto «siamo strutturalmente in relazione: visto che noi nasciamo affidati come figli nelle mani e alla cura di altri senza i quali non possiamo vivere».

Attenzione, però «non siamo solo relazione, siamo anche tempo. Cioè le offerte vitali non possono essere accolte in un solo istante, c’è bisogno di un tempo lunghissimo per accogliere ciò che gli altri ci danno per strutturare il nostro essere», sottolinea Punzi. Per questo, nel tempo, «noi diventiamo le esperienze che facciamo, accogliendo ciò che gli altri ci offrono. La nostra crescita è segnata dunque dai passaggi che permettono agli otri vecchi di accogliere il vino nuovo. E il passaggio è davvero compiuto quando siamo capaci di abbandonare ciò che eravamo prima».

Fragilità e paura: l’occasione per imparare ad avere fiducia

Questa condizione di strutturale incompiutezza e mancanza “dona” un dato profondo: la fragilità. «È solo imparando a portare la fragilità che noi diventiamo fino in fondo umani, perché la fragilità che si risveglia nei passaggi, soprattutto improvvisi, ci ricorda che possiamo “diventare”, solo accogliendo l’altro».

La fragilità è a sua volta accompagnata dalla paura. «Due sentimenti che non ci abbandoneranno mai nella vita», ci ricorda Punzi. Ecco allora che per crescere: «La paura va abitata, alla paura va data parola perché ci spiega dove ci troviamo. Ma senza mai soccombere ad essa». Aiutare un bambino a compiere il proprio “passaggio” – ma questo in fondo vale per tutti – significa «aiutarlo a non avere paura e ad avere fede, avere fiducia nella vita». «Come un bambino che con fiducia salta dal tavolo tra le braccia del padre, o del suo educatore». Sapendo che «la fiducia in qualcosa (le braccia che impediranno che tu cada) è sempre fiducia in qualcuno (padre o educatore che sia)».

I tre convegni di approfondimento

La mattina di sabato 10, i tre convegni di approfondimento tenutisi presso la Pontificia Università Lateranense. L’occasione per declinare al futuro l’impegno presente degli educatori Acr.

Passare per crescere, con Andrea Porcarelli, docente di pedagogia generale e sociale all’Università di Padova. Il “buon educatore” sa stare dalla parte dell’educando, per aiutarlo a costruire l’identità personale. Come? Attraverso la: «Capacità di riconoscere i propri sogni, responsabilità ed errori», «Coscienza in ciò in cui si crede e che si è sedimentato attraverso la propria storia, considerando sé come un valore, fondato su una dignità (personale) e sulla percezione della propria autostima generale e specifica», «Costruire progressivamente la propria autonomia personale», «Coltivare la tensione utopica verso qualcosa che trascende se stessi», «Capacità di costruire un progetto per il proprio futuro, che si confronti con i propri orizzonti di senso e faccia tesoro di quanto maturato in passato (compresi i propri limiti).

Passare insieme, con don Claudio Burgio, fondatore e presidente dell’associazione Kayrós che dal 2000 gestisce comunità di accoglienza per minori e servizi educativi per adolescenti. Proprio l’esperienza di Kayrós al centro del suo intervento: «Kayrós è un termine che deriva dal greco che potremmo tradurre in “tempo opportuno”, “momento favorevole”, “evento decisivo”. Chi entra in Kayrós impara a distinguere i tempi della vita umana, a saperne discernere i segni, leggendo in essi la voce dello Spirito stesso di Dio. Soprattutto, vivere il Kayrós vuol dire lasciarsi educare dagli avvenimenti, rinunciando alla tentazione di istruire Dio sul come dovrebbero andare le cose». Il metodo educativo è rendere i ragazzi consapevoli e partecipi di quanto scrive il Qoelet: “C´è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per tacere e un tempo per parlare, un tempo per amare e un tempo per odiare: tutto ha senso, nulla è casuale”». Accettandolo si cresce e si aiuta gli altri a crescere.

Passare per credere, con Lucia Vantini, docente di filosofia e di teologia fondamentale. «Il tempo in cui viviamo è un tempo di sfida per il Cristianesimo e questa sfida ci domanda non solo di fare attenzione a quello che accade, ma di fare attenzione a quello che nasce e a quello che muore intorno a noi. Soprattutto ad avere il coraggio di dilatare l’orizzonte della Cattolicità che nella storia è sempre più diventata sinonimo di legame con la Chiesa di Roma, ma che originariamente ci chiede di avere una parola buona per tutte le vite, ovunque si trovino e in qualunque condizione si trovino. Se a ciò aggiungiamo l’orizzonte della Universalità, allora abbiamo anche la responsabilità di far incontrare la universalità del messaggio del Vangelo. Serve ripeterlo: il Vangelo vuole essere una forma per chiunque, e affidarsi al Vangelo significa fare una scelta che non è mai escludente. Educare, e insieme, “passare per credere” è dare prova di questi confini saltati, di questo amore sconfinato di Dio per noi».
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