Negli ultimi quindici anni le esportazioni di armi nel nostro Paese sono aumentate in modo considerevole. La vendita si è quintuplicata fino a oggi: ciò è avvenuto per una serie di accordi dei Governi di vario colore con i Paesi che ne hanno fatto richiesta. In particolare le armi sono andate a finire nei Paesi in guerra, quelli che non rispettano i diritti umani. Nel 2022 le autorizzazioni per la vendita e l’acquisto di armi in Italia hanno raggiunto un valore superiore ai 6 miliardi di euro, di cui quasi 5,3 miliardi in uscita dal nostro Paese. Le autorizzazioni per le esportazioni di armamenti sono cresciute del 15 per cento rispetto al 2021. I dati sono terribili. Questo è avvenuto perché la legge 185/90 aveva un piccolo comma che dichiarava che i Paesi con i quali l’Italia aveva preso accordi di cooperazione militare erano esclusi dalle restrizioni.
Chi si è mobilitato: l’appello alla coscienza dei parlamentari
Numeri e preoccupazioni crescenti sono stati presentati ieri durante una conferenza stampa (L’impegno dei cattolici a favore della legge 185/90. Un appello alla coscienza dei Parlamentari contro il falso realismo della guerra), in cui alcune associazioni della società civile – Azione Cattolica Italiana, Acli, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi Italia, Agesci – e rappresentati del mondo del disarmo, tra i quali Alex Zanotelli, missionario comboniano, tra i promotori della legge 185/90, Maria Elena Lacquaniti, coordinatrice Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione Chiese evangeliche in Italia e Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, hanno presentato alcune riflessioni in merito a due punti fondamentali della legge 185/90.
In particolare la preoccupazione che questo Governo voglia eliminare di fatto la legge attraverso delle modifiche che vanno ad emarginare innanzitutto l’Uama, Autorità nazionale-Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, a favore di un comitato governativo che può deliberare tranquillamente senza alcuna restrizione o controllo in merito. E soprattutto la possibilità che venga eliminato l’elenco delle banche che investono in armi.
Un po’ di storia: la legge 185/90
La legge 185 del 1990 che regola l’esportazione di armi è una grande conquista della società civile italiana che ha visto parte dell’associazionismo cristiano impegnato in prima fila nella campagna Contro i mercanti di morte. L’appello lanciato partiva da un realistico dato di fatto: le armi italiane uccidevano (e uccidono) in tutto il mondo. Ed era facile esportare armi a tutte le parti in conflitto. La normativa è stata speso aggirata in tanti modi, durante questi oltre 30 anni di vita, ma è rimasta costantemente sotto attacco.
Sono tanti gli interessi trasversali che la considerano un ostacolo all’espansione di un settore produttivo in forte competizione su scala planetaria nel contesto della guerra mondiale a pezzi. Lo testimonia la folta presenza delle aziende italiane nelle expo di armi come il “World Defense Show” che si è tenuto ad inizio febbraio in Arabia Saudita.
Non smantelliamo la 185/90. E la politica riconosca le domande della società civile
«Il tentativo di procedere al progressivo smantellamento della legge 185/90 – dicono nel comunicato stampa le associazioni – sembra ormai avviato a compimento con il voto del Senato dello scorso 21 febbraio come denuncia Rete italiana pace e disarmo che ha avanzato proposte migliorative rimaste senza riscontro. Purtroppo siamo davanti ad uno scenario che avevamo previsto con la Conferenza stampa promossa alla Camera lo scorso 4 ottobre 2023 per affermare che salvare questa legge vuol dire applicare la Costituzione».
«Alla vigilia del voto della Camera, che cambierebbe in peggio la legge, a cominciare dalla trasparenza sulle banche che finanziano il settore delle armi, sentiamo il dovere di rivolgere un ulteriore appello alla coscienza dei Parlamentari invitandoli a salvare e migliorare la legge 185/90 in nome della comune umanità che ripudia la guerra».
Il presidente di Ac: «la politica non resti sorda alle domande della società civile»
Per Giuseppe Notarstefano, intervenuto alla conferenza stampa, è fondamentale unirsi con tutte le nostre forze a chi cerca un’interlocuzione con il Governo per difendere il riferimento formativo «a cui non possiamo rinunciare nel nostra cammino di ricerca di una democrazia reale. Il contrario della guerra non è solo la pace, bensì la democrazia. Facciamola funzionare con presidi civici, etici, formativi, giuridici, politici».
Per Notarstefano il disarmo è un percorso che chiede di rinunciare all’utilizzo della guerra e a tutti gli strumenti che la favoriscono. Diamo voce a tutti quei giovani, ai gruppi, alle associazioni che si impegnano ogni giorno nell’artigianato della pace, come fa l’Azione cattolica.
È inaccettabile, conclude Notarstefano, «che la politica non resti sorda alle domande della società civile che arriva dal basso. La politica deve ritornare a battere un colpo. Papa Francesco ci ha chiesto di immaginare nuove revisioni del futuro. Questo è il momento. Proprio quando la speranza sembra vana, è importante portare avanti iniziative come queste».
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