Un gesto, uno stile, un impegno. L’accoglienza richiede apertura del cuore all’altro e all’imprevisto, disponibilità costante, volontà non comune, investimento sul dialogo. È un dono reciproco: per chi accoglie e per chi è accolto. Può comportare fatiche e persino rischi, ma sa ripagare “il centuplo quaggiù” (cfr. Mc 10,30). (Una porta aperta per la gioia dell’incontro è l’ultimo degli articoli pubblicati questo mese sul vocabolario della fraternità)
Sono infinite le occasioni quotidiane per sperimentare l’accoglienza. Sono innumerevoli le persone che quotidianamente la praticano (e chissà quante volte noi stessi la neghiamo!). Essa attraversa la storia e le culture, caratterizza i popoli, le comunità, le religioni. Fra di esse, il cristianesimo è segnato, attraversato dall’accoglienza, l’accoglienza è l’essenza del cristianesimo: da parte di un Dio che si manifesta nell’umano, di un Dio-uomo che bussa alla porta della storia per farsi accogliere (la grotta di Betlemme) e incontrare la libertà della stessa umanità.
Sappiamo anche che la vicenda umana è segnata da frequenti, insistenti negazioni dell’accoglienza. Inutile andar lontano: è sufficiente vedere come sono spesso trattati coloro che fuggono da fame, povertà, guerre. I migranti sono una cartina al tornasole della capacità di accogliere (con tutto ciò che comporta far posto ai migranti).
Casa San Girolamo
L’Azione cattolica italiana ha a sua volta una storia secolare di accoglienza che oggi si esprime, oltre che nella miriade di iniziative educative e sociali, in un luogo preciso: Casa San Girolamo di Spello. È il cosiddetto “polmone spirituale” dell’Ac che dal 2010 offre occasioni di incontro, formazione, spiritualità, preghiera, silenzio… alle pendici del monte Subasio, a pochi chilometri da Assisi. In quell’antico monastero, gioiello della fine del ‘400, fra il 1966 e gli anni ’90 fu presente una comunità dei Piccoli fratelli di Charles de Foucauld: fra di essi quel Carlo Carretto cresciuto in Ac che, ritornato dal deserto, fece di San Girolamo, una “casa dell’accoglienza” per migliaia di giovani in cerca di Dio e della propria vocazione umana e cristiana. Le “colline della Speranza” – ossia gli eremi sul Subasio nei quali d’estate venivano accolti i giovani – sono il tratto distintivo dell’essenziale accoglienza nella Spello di Carretto.
Infatti una delle caratteristiche di allora – ripresa e rilanciata dai volontari che attualmente gestiscono la casa su mandato della Presidenza nazionale di Azione cattolica – era proprio l’accoglienza. Tutt’oggi la prima particolarità che colpisce di San Girolamo è la porta aperta. Non c’è bisogno di bussare, si entra e si trova un chiostro carico di storia e di bellezza e qualcuno che viene incontro, con semplicità e amicizia.
La preghiera e l’accoglienza
L’accoglienza richiede anzitutto “porte aperte”, gioia dell’incontro, piacere di stare insieme. A questo si accompagna – questo almeno è ciò che si cerca di fare a San Girolamo – una disponibilità all’ascolto che in genere fa subito superare le distanze, pone sulla medesima lunghezza d’onda, rende concreto e visibile il “prendersi cura” del vissuto di chi varca la porta della casa.
Un ascolto – nello stile di fratel Carlo Carretto – che impone di non avere pregiudizi, di cercare lo sguardo altrui. Ciò vorrebbe rimandare allo sguardo che il Signore ha per ciascuno di noi.
Ecco perché tra i momenti più alti che si vivono a San Girolamo c’è la preghiera: lo stare a tu per tu con Gesù dovrebbe portare a riconoscere tutti “fratelli e sorelle”, ciascuno in cerca della sua strada. Accoglienza è anche questo: comprendere che siamo “fratelli tutti”, come ci ricorda papa Francesco.
La centralità della parola
I momenti di preghiera e silenzio che caratterizzano “San Girolamo”, lasciano spazio alla centralità della Parola e riportano a tutte quelle figure che hanno fatto dell’accoglienza il tratto caratteristico della loro esistenza.
L’accoglienza del disegno di Dio: da Abramo a Mosè, da Maria a Giuseppe, dai primi discepoli fino alla schiera dei santi che hanno plasmato la propria vita sulle parole di Dio e di suo figlio Gesù e lo stare vicino al fratello o alla sorella in difficoltà.
L’accoglienza di un pensiero diverso dal proprio che obbliga a ripensarsi, a cambiare prospettiva, a mettersi in discussione e quella di una chiamata vocazionale. L’accoglienza della propria povertà umana, nella prospettiva della infinita misericordia del Padre…
Una porta aperta per la gioia dell’incontro
Così l’accoglienza diventa vita vissuta, sperimentata, messa alla prova. Un’accoglienza che permette di assumere lo stile del “dono”. San Girolamo rappresenta solo un piccolo tentativo in questa direzione: una modalità per dare mani e volto e parole all’accoglienza. Misurata non sui nostri criteri valutativi ma sulla smisurata bontà del Signore che a sua volta accoglie, ascolta, illumina, incoraggia, accompagna, sostiene. E ama. Perché forse il volto più vero dell’accoglienza è – semplicemente – l’amore.
*Vocabolario della fraternità è un dossier pubblicato sull’ultimo numero di Segno nel mondo. Clicca qui per leggerlo in versione integrale
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