Siamo davvero molto grati ai nostri pastori per il messaggio che ci hanno donato in occasione della 46ª Giornata per la vita: la forza della vita ci sorprende! Ed è davvero così, è un mistero da contemplare la vita che si fa sempre spazio e che trova continuamente percorsi e genera semi e frutti che aprono alla Speranza. Siamo tutti invitati a farci sorprendere da ciò che può accadere se siamo aperti e disponibili alla vita, proprio in questo tempo attraversato dalla violenza e dalla guerra che sempre più si impongono con il proprio linguaggio tribale e le loro logiche semplificatrici e banali. Oggi in cui sempre più difficile, talvolta impossibile parlare di pace, di rispetto della persona umana, del valore della giustizia e del principio fondativo del bene comune, del bene di “noi-tutti” come lo aveva definito Benedetto XVI nella sua Caritas in veritate.
Abbiamo veramente bisogno di recuperare uno sguardo contemplativo, capace di andare in profondità e di scrutare la bellezza che c’è in ogni creatura e in ogni possibilità di stabilire relazioni positive e generative, abbiamo bisogno di sorprenderci di fronte al desiderio di bene e di giustizia che alberga nel cuore di tutti e che speso ci viene presentato dalle persone più fragili, dai più piccoli, da coloro che la cultura dello scarto tende sempre a marginalizzare.
Pensiamo alle nostre famiglie e comunità e a quanto sia prezioso il lavoro di cura e di formazione che quotidianamente contrasta la logica dell’esclusione e l’autoreferenzialità dell’interesse e dell’egoismo che tenta di rileggere le relazioni solo nella chiave del possesso e del potere.
Siamo invitati a riscoprire e valorizzare tutti quei luoghi in cui si pratica tale cura e in cui si custodisce insieme quello sguardo contemplativo che si intreccia con la ricerca delle buone ragioni di vita e di speranza. Mi piace pensare che luoghi simili sono le nostre realtà e gruppi associativi in cui innanzitutto si sperimenta un cammino comune, condiviso in profondità e che anima e sostiene la vita quotidiana. C’è anzi un “primato della vita” che diventa principio ordinatore di una vita associativa, ecclesiale, civile familiare chiamata ad essere continuamente e instancabilmente generativa, sfuggendo alla tentazione del funzionalismo e dell’efficientismo. Desideriamo esistere e non funzionare, per parafrasare il filosofo Miguel Benasayag.
Lo stile della cura fa strada ad un’autentica vita comunitaria, che è in primo luogo sentirsi insieme, sentire profondamente i legami che nascono dall’accoglienza dell’altro e della sua bellezza e da una conversione ospitale del nostro vivere quotidiano. Ospitalità e condivisione possono dare forma ad una resistenza comunitaria a quella logica individualista che produce frammentazioni e divisioni e riduce le persone a soggetti incapaci di legami significativi, rassegnati solo ad accontentarsi dello scambio come unica forma di interazione sociale.
Come laici cristiani, chiamati ad abitare questo tempo riconoscendo in profondità il suo essere luogo di incontro significativo con il Signore e di ricerca instancabile del suo Regno, ci appassiona questo lavoro di cura, di accoglienza e di promozione della vita delle persone e siamo autenticamente convinti che sia possibile trovare nuove forme, nuove espressioni e nuovi linguaggi che sappiano provocare domande, intercettare fatiche e ricerche personali, che abbiano il coraggio di interagire con il desiderio di tutte le donne e gli uomini di oggi che non si sono stancati di pensarsi insieme, di sentirsi un “noi più grande”.
(Da Avvenire del 4 febbraio 2024 – Inserto speciale La forza della vita ci sorprende)
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