In ascolto di un gemito nascosto. Circa 50 anni fa, la Caritas genovese mi affidò l’incarico di aprire un centro di accoglienza e ascolto per i rifugiati e immigrati clandestini nel porto di Genova. Allora non esistevano altri centri in Italia che aprissero le porte agli stranieri dai paesi poveri, non per rinchiuderli ma per ascoltarli: il fenomeno si manifestava soprattutto attorno alle mura del porto genovese (allora chiuso al pubblico), dove gli immigrati sbarcavano di nascosto di notte dalle navi che avevano toccato porti africani. Chiesi aiuto al gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, in quegli anni prefetto straordinario e coordinatore della lotta anti-terrorismo nel triangolo Genova-Milano-Torino. Il primo progetto era di creare qualche stanza “protetta” dentro il porto dove anche i clandestini si sentissero abbastanza al sicuro per raccontare le loro storie e – se possibile – offrire un servizio umanitario come cibo, medicinali, coperte. Avevo letto la storia dell’esperienza di alcuni santuari religiosi che nei secoli passati offrirono rifugio sicuro a ragazze madri abbandonate, viandanti derubati e politici caduti in disgrazia e pensavo che la stessa esperienza antica si potesse adattare alle nuove situazioni (da qui l’idea delle città santuario).
Il gen. Dalla Chiesa, dapprima perplesso, poi concesse l’uso di alcune stanze dentro dei vecchi uffici doganali della Guardia di Finanza. L’esperienza di ascolto e condivisione “al sicuro” fu positiva. Pochi mesi dopo la Caritas realizzò lo stesso servizio anche a Milano e a Torino. I tre primi centri di accoglienza si coordinarono attraverso una rete di collaborazione che fu chiamata GE-MI-TO, una parola che esprimeva l’idea di ascolto della sofferenza e della disperazione dei migranti.
Le città santuario
Con il passare degli anni, simili esperienze di ascolto e protezione dei migranti sono apparse in tutto il mondo, nella maggior parte dei casi in collaborazione con le municipalità e con i servizi di medici senza frontiere e avvocati senza frontiere.
Le denominazioni sono diverse: città rifugio, città senza paura, città solidali, città santuario. Quest’ultima denominazione – la più fortunata e diffusa in lingua inglese – è oggi entrata a far parte del diritto internazionale umanitario, è studiata in diversi corsi universitari e ha ispirato migliaia di servizi coraggiosi per la giustizia sulle frontiere più problematiche delle migrazioni dei giorni nostri.
Le moderne città santuario sono comuni e aree metropolitane che limitano o negano la cooperazione con i governi nazionali nell’applicazione delle leggi restrittive sull’immigrazione.
Negli Stati Uniti, per esempio, ciò comporta spesso dei limiti per le forze dell’ordine locali nell’informarsi sullo stato di immigrazione o nella condivisione di informazioni con le autorità federali per l’immigrazione.
L’obiettivo è quello di creare un rifugio sicuro per gli immigrati e i rifugiati privi di documenti, proteggendoli dalla deportazione e fornendo servizi umanitari essenziali. In cambio gli immigrati così protetti, si impegnano a collaborare con la cittadinanza e le autorità locali e divenire anche loro dei buoni cittadini.
Origini storiche
l concetto di santuario può essere fatto risalire ai tempi antichi, quando le istituzioni religiose offrivano rifugio a coloro che fuggivano dalle persecuzioni. Nell’Europa medievale, le chiese fornivano rifugio perfino a criminali e debitori, offrendo loro una protezione temporanea dalle autorità legali.
Nell’era moderna, il movimento dei santuari è emerso negli Stati Uniti durante gli anni ‘80 in risposta alla crisi dei rifugiati centroamericani. Chiese e sinagoghe in tutto il Paese hanno fornito rifugio e sostegno ai rifugiati in fuga dalla violenza e dall’instabilità politica in El Salvador e in Guatemala. Questo movimento ha gettato le basi per lo sviluppo delle città santuario, che hanno iniziato ad emergere negli anni ‘90.
Sviluppi principali
La crescita delle città santuario è stata guidata da una varietà di fattori. Le motivazioni politiche: molti governi locali hanno adottato politiche di rifugio in spregio alle leggi federali sull’immigrazione che percepiscono come ingiuste o discriminatorie. Le considerazioni economiche: gli immigrati privi di documenti svolgono spesso un ruolo vitale nelle economie locali, occupando posti di lavoro essenziali e contribuendo al gettito fiscale. E le preoccupazioni umanitarie:Le città santuario cercano di proteggere le popolazioni vulnerabili e di fornire loro l’accesso a servizi essenziali, come l’assistenza sanitaria e l’istruzione.
Il numero di città santuario è aumentato costantemente nel tempo, con centinaia di municipi negli Stati Uniti che hanno adottato tali politiche. Il movimento si è diffuso anche in altri paesi, tra cui Canada, Messico e diverse nazioni europee.
I paesi europei con più città santuario
In Europa, il concetto di “città santuario” non è formalizzato e riconosciuto come negli Stati Uniti. Tuttavia, diverse città europee hanno adottato politiche e pratiche che le rendono più accoglienti per i migranti e i rifugiati, spesso in contrasto con le politiche nazionali più restrittive.
Alcuni esempi di paesi europei con città che hanno adottato politiche simili a quelle delle città santuario sono:
– Italia: Diverse città italiane, come Palermo, Napoli e Firenze, hanno espresso apertamente il loro dissenso verso le politiche migratorie nazionali più restrittive, offrendo servizi e protezione ai migranti senza documenti. In particolare, l’esperienza di successo di Riace ha contribuito al riconoscimento a livello internazionale di alcune buone pratiche.
– Germania: Berlino, Amburgo e altre città tedesche hanno implementato programmi di accoglienza e integrazione per i rifugiati, offrendo alloggio, assistenza legale e corsi di lingua.
– Belgio: Bruxelles e altre città belghe hanno creato reti di solidarietà per sostenere i migranti e i rifugiati, fornendo loro cibo, alloggio e assistenza medica.
– Spagna: Barcellona e altre città spagnole hanno promosso politiche di inclusione sociale per i migranti, facilitando l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e al mercato del lavoro.
Queste città non si definiscono ufficialmente “città santuario”, ma le loro azioni e politiche dimostrano un impegno concreto per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti e dei rifugiati, spesso in contrasto con le politiche nazionali più restrittive.
Città senza paura
Un progetto avviato da Eurocities, una rete di oltre 140 grandi città europee, insieme al sindaco di Atene, ha raggruppato dozzine di città europee per affrontare meglio l’accoglienza e l’integrazione di rifugiati e richiedenti asilo.
Berlino è una delle città-capitale entrata nel club Solidarity Cities, che comprende anche le più grandi città portuali europee come Barcellona, Atene, Napoli, Amburgo e Rotterdam.
Tuttavia, le città hanno poco spazio di manovra, poiché le politiche in materia di asilo sono di competenza nazionale e i bilanci locali sono spesso insufficienti per accogliere più rifugiati. Di conseguenza, è emerso un movimento Fearless Cities (città senza paura) che mira a fare da contrappeso ai governi centrali. Il primo incontro si è svolto a Barcellona nel 2018, seguito da diversi vertici regionali in città come Bruxelles, Varsavia e New York.
L’idea alla base del movimento è una decentralizzazione del potere che ponga città e comuni in condizione di decidere in autonomia sui propri affari. Questo approccio dal basso verso l’alto ha l’ulteriore vantaggio di aggiungere “un posto a tavola” alla società civile, direttamente colpita dalle decisioni prese al livello nazionale e europeo…
(…)
Prospettive future
ll futuro delle città santuario rimane incerto, mentre il panorama politico continua ad evolversi a seguito delle elezioni nazionali in diversi paesi, del Parlamento Europeo e del nuovo Presidente negli Stati Uniti.
Diversi fattori probabilmente plasmeranno il futuro di questo movimento:
Politica federale USA: la posizione del governo federale degli Stati Uniti sull’immigrazione giocherà un ruolo cruciale nel determinare il futuro delle città santuario. Una politica federale più accogliente potrebbe ridurre la necessità di città santuario, mentre un’applicazione più rigorosa potrebbe portare a una maggiore resistenza. Sfide legali: le città santuario hanno affrontato numerose sfide legali, con esiti diversi. L’esito delle future battaglie legali potrebbe avere un impatto significativo sulla traiettoria del movimento.
Opinione pubblica: il sostegno pubblico per le città santuario varia a seconda della posizione e dell’affiliazione politica. I cambiamenti nell’opinione pubblica potrebbero rafforzare o indebolire il movimento. Tendenze globali: è probabile che la crisi globale dei rifugiati e i conflitti in corso continuino a guidare la migrazione, esercitando pressioni sui paesi affinché adottino politiche più accoglienti nei confronti di immigrati e rifugiati.
Come migliorare la situazione?
L’unica cosa che si può far è continuare a coinvolgersi e a monitorare gli sviluppi del fenomeno delle città santuario, analizzando i dati e le ricerche disponibili per comprendere meglio l’impatto reale di queste politiche. È importante anche promuovere un dibattito informato e rispettoso tra le diverse prospettive, evitando polarizzazioni e cercando soluzioni che tengano conto sia delle esigenze di sicurezza e legalità sia dei diritti umani e dell’integrazione degli immigrati.
Inoltre, le istituzioni a tutti i livelli (locale, nazionale e internazionale) dovrebbero collaborare per affrontare le sfide legate all’immigrazione in modo coordinato e sostenibile. Ciò potrebbe includere la creazione di percorsi legali per l’immigrazione e dei cosiddetti “corridoi umanitari”, l’investimento in programmi di integrazione e l’adozione di politiche che favoriscano l’inclusione sociale ed economica degli immigrati.
La nuova cittadinanza
L’ascesa dello stato-nazione ha significato una perdita di potere delle città come sistemi autonomi. La cittadinanza urbana dovrebbe essere liberata dai vincoli imposti dalle concezioni nazionali e statali della comunità politica.
Il fulcro dell’argomentazione è la politica costituzionale delle autonomie e della sussidiarietà che rafforzerebbero l’autogoverno locale ridefinendo i confini, l’appartenenza e i diritti a livello di sistemi politici municipali. In diversi paesi, riforme in questo senso si sforzano di riunire le città con le loro periferie in giurisdizioni comuni; mitigare l’impatto politico della segregazione residenziale attraverso la rappresentanza dei distretti urbani negli organi decisionali cittadini; sfidare i monopoli nazionali in materia di immigrazione, commercio e politica estera; stabilire uno status formale di cittadinanza locale basato sulla residenza e distinto dalla nazionalità.
Queste riforme consentirebbero molteplici diritti di cittadinanza locale e di voto all’interno e al di là dei confini nazionali. Una cittadinanza urbana che si è emancipata dagli imperativi della sovranità nazionale e dell’omogeneità nazionale può diventare una base per la democrazia pacifica, glocale e cosmopolita.
*Per maggiori informazioni, vedi: J. Galaski, Le “città-santuario” sfidano le politiche migratorie restrittive in liberties.eu: Unione per le libertà civili per l’Europa: https://www.liberties.eu/it/stories/citta-santuario/16694;
S. Calvani, Città Santuario, in: Senza False Frontiere, ed. AVE.
*La riflessione di Sandro Calvani può essere letta integralmente nel pdf che linkiamo qui sotto
Calvani-citta-santuarioDownload
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