Stava per andare al lavoro quella mattina di metà gennaio, Enza. A un certo punto il telefono ha iniziato a squillare, in modo strano. Arriva un messaggio, poi un altro, poi un altro ancora. «Ho acceso subito la televisione, non potevo crederci, eravamo troppo felici». A poco più di cento chilometri dal suo paese in provincia di Trapani, avevano arrestato Matteo Messina Denaro, boss di Cosa nostra latitante da trent’anni. A Palermo, però, il padrino andava per curare il tumore che lo perseguitava da tempo. Da almeno quattro anni viveva invece a Campobello di Mazara, dove l’Azione Cattolica, insieme agli istituti scolastici, da sempre aiuta i giovani a crescere appassionandosi alla legalità.
Per i cittadini onesti quello che è accaduto ha ancora dell’incredibile
Enza Luppino è la presidente diocesana dell’Ac di Mazara del Vallo, e vive a Campobello, dove frequenta l’associazione nella parrocchia di San Giovanni Battista, a pochi passi dalla casa che ha ospitato il covo del latitante. «Il giorno successivo all’arresto abbiamo saputo che Messina Denaro ha abitato per anni nel nostro paese – ha raccontato Enza -. Se prima eravamo pieni di gioia per noi, per i nostri figli e per tutta la Sicilia, all’improvviso ci ha assalito un senso di vergogna. Se alla notizia della sua cattura, abbiamo sentito il profumo della libertà e del riscatto, è bastato poco per sentirci pieni di tristezza per la nostra terra, macchiata da quella presenza e dai sospetti dell’opinione pubblica». Ma gli abitanti di Campobello sono quasi 11.500, e no, non ci si conosce tutti, ha spiegato Enza. «Stiamo soffrendo molto quest’aria di sospetto. Tutti ci chiedono come sia stato possibile che nessuno lo abbia riconosciuto in questi anni, ma per i tanti cittadini onesti quello che è accaduto ha ancora dell’incredibile».
Dopo che la notizia dell’arresto aveva iniziato a girare, Enza ha telefonato agli amici dell’Ac parrocchiale e diocesana. «Ci siamo confrontati subito tra noi, come facciamo sempre – ha raccontato Enza commossa -, abbiamo avuto lunghi momenti di silenzio, non sapevamo come reagire, come essere Ac anche in questo tempo. Per due giorni siamo rimasti fermi, in preda alla vergogna. Per due giorni ci siamo sentiti come schiacciati da un’accusa terribile che ci è caduta addosso come un macigno». Come recuperare, come riprendere in mano la propria terra amata e martoriata? Come gridare all’Italia intera che Campobello, che la Sicilia non è di Cosa nostra? «Eravamo e siamo consapevoli che in paese, tra le nostre strade, c’è chi ha aiutato Messina Denaro, chi lo ha coperto. Ma noi dovevamo fare qualcosa, e in fretta».
Come Piersanti Mattarella e Rosario Livatino, noi non abbiamo paura
E in Sicilia non stupisce la potenza del bene, il coraggio che nasce brillante dell’amore per la propria comunità e la propria terra. La stessa terra abbracciata dai grandi testimoni di Ac, come Piersanti Mattarella e Rosario Livatino. «Come presidente diocesana e aderente, alcuni giorni fa ho partecipato insieme alla mia associazione a un incontro insieme a tante altre organizzazioni ecclesiali e laiche di Campobello e di Castelvetrano, dove il boss è nato. Ci siamo confrontati su come poter dire insieme “no alla mafia”, su come far vedere a tutti che noi non abbiamo paura». Mercoledì scorso, poi, la bellissima manifestazione di popolo, organizzata anche dall’Ac. «Eravamo in tanti, c’erano i bambini dell’Acr, i ragazzi delle scuole, i giovani e gli adulti delle associazioni, insieme ai sindaci e al nostro vescovo, Monsignor Angelo Giurdanella. Siamo partiti dalla parrocchia, e siamo arrivati all’inizio del Vicolo dove si nascondeva Messina Denaro. Ci siamo detti che solo insieme possiamo cambiare le cose, solo insieme possiamo essere testimoni di un cambiamento radicale anche nella cultura e nella mentalità di tanta gente».
«La Sicilia è nostra e non di Cosa nostra», hanno gridato i giovani durante il corteo serale. Altri tenevano in mano un grande striscione con su scritto: «Io vedo, io sento, io parlo». «C’erano anche tanti bambini, perché il terrore delle mafie è la scuola che aiuta a scegliere tra il bene e il male. I ragazzi dell’Acr hanno marciato con un cartellone che riportava un versetto del Vangelo di Giovanni: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”».
L’Ac non sarebbe Ac se non ci mettesse la faccia e il cuore
L’Ac non sarebbe Ac se non ci mettesse la faccia e il cuore. Anche quando ci vuole tanto coraggio. Anche quando si sfida chi ha potere. «Sono convinta che, come associazione, possiamo fare tanto per il nostro territorio formando i bambini e i ragazzi alla libertà e alla giustizia. Il vescovo, durante la manifestazione, ha detto una frase che mi resta dentro: “Questa è la sera in cui le forze buone e positive di questo territorio si mettono insieme, perché quanto più il bene avanza il male arretra”. E noi dobbiamo essere testimoni del Bene, perché abbiamo l’obbligo di consegnare ai giovani, ai figli, un mondo migliore di quello che noi abbiamo ricevuto».
La pace ha preso i colori della giustizia e del coraggio
Domenica scorsa l’Acr di Campobello ha vissuto in piazza la Festa della Pace. Un evento che quest’anno ha preso anche i colori della giustizia e del coraggio. «Si tratta di testimoniare, di lavorare perché nessuno si vergogni più di nascere e crescere in questa nostra terra. Mio figlio studia lontano, e mi ha raccontato di aver avuto timore a mostrare la propria carta d’identità a un poliziotto in questi giorni. Solo perché c’era scritto: “nato a Campobello di Mazara”. Ecco, dobbiamo impegnarci perché non sia più così. Dobbiamo impegnarci a riscattare questa situazione, perché i giovani non c’entrano niente. Sogno che un giorno possano restare nella nostra terra, orgogliosi, a studiare e lavorare».
A Campobello l’associazione conta più di 250 aderenti, di cui 200 bambini. «Continueremo a promuovere momenti di riflessione e confronto anche nei prossimi mesi. Per esempio, l’Ac diocesana sta organizzando degli incontri sulla mafia, che verranno trasmessi su una rete locale. Insomma, noi ce la stiamo mettendo tutta, e siamo certi che insieme possiamo provare a cambiare i cuori di chi ancora sceglie la parte sbagliata». Pagine di futuro continuano ad essere scritte da chi non si arrende. Da chi continua a dire “mi sta a cuore”.
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