La siccità di questa estate viene a scaldare mani e piedi di curiosi viaggiatori e cercatori di infinito. Dopo l’alluvione di silenzi e distanze dovuta alla pandemia, è tempo di levare l’ancora e salpare verso mete lontane. Non c’è spazio per la misura dei metri percorsi, solo lo sguardo di chi si affida al soffio del vento e al rumore del mare, che a notte fonda ci prepara, con le parole di Franco Battiato, a «trovare l’alba dentro all’imbrunire». Mani e piedi per un’estate “altra”. Si presenta così, sorniona e appassionata, l’estate del tempo perduto, ultimo antidoto alle relazioni da recuperare.
Mani, piedi, volti e sorrisi…
Chiara ha le mani che sanno di bambù. Accarezza il volto di sua nonna che, ormai da molti anni, resta sola a casa, durante questo periodo. Una solitudine immensa nella città delle moltitudini che però d‘estate spariscono. Le mani di sua nipote le danno sollievo.
Marco è partito per Santiago di Compostela. Ha atteso la pensione. Una sfacchinata di 800 chilometri a piedi. Il viaggio della vita. Scarpe comode, uno zaino, e vai. Un viaggio interiore che attraversa il paesaggio spagnolo e i monti galiziani, ma che ha bisogno di piedi buoni.
Francesca si è messa in testa di girare in bicicletta i passi appenninici, e spinge a più non posso i pedali della sua bici con la sola forza delle gambe e dei piedi. Suda a non finire. Fa tappa quando i suoi piedi alzano bandiera bianca, ma ogni chilometro percorso è una preghiera di ringraziamento al Dio della vita.
Federico scompiglia i capelli della sua amata di fronte a un tramonto senza fine, davanti a sé solo un mare infinito. Le sue mani, mentre si adagiano su quei capelli rossi che lo fanno tremare per amore, hanno la delicatezza di una parola dolce e appena sussurrata. Quasi meglio di un bacio.
… mentre un “fuori millennials” mormora tra sé, tenendo un libro tra le mani e ascoltando musica da una cuffia: «l’inverno con la mia generazione, le donne curve sui telai, vicine alle finestre. Un giorno sulla Prospettiva Nevskij per caso vi incontrai Igor Stravinskij».
Tommaso si appiglia alla roccia con il garbo di un contadino. Sa che non può sbagliare. Le mani gli bruciano, il sole alto lo invita a desistere, ma sa che a valle lo aspettano. Adora le Dolomiti. Salire le vette è anche un po’ pregare. Nella tasca del pile ha un “santino” di Pier Giorgio Frassati. E se lo tiene stretto.
Caterina corre. Da quando è nata. Su e giù per il borgo, a portare la spesa agli anziani che non ce la fanno. E poi di nuovo corre all’azienda di famiglia, distribuendo casa per casa i suoi prodotti migliori.
Maria ha il dono dell’impasto. Sa muovere le mani come pochi nell’intrigo sensoriale di farina acqua e uova. La sua pasta fatta in casa regala ai commensali attimi di pura gioia ancestrale.
Claudio sa che tra pochi giorni muoverà per bene i suoi piedi quando sarà vendemmia. L’azienda di famiglia non ha ceduto alle moderne tecnologie, e il vino si fa alla vecchia maniera. Pigiando con i piedi l‘uva per estrarre dagli acini il mosto che poi diventerà vino. Quell’odore che esala dai suoi piedi intrisi d’uva lo esalta, e mentre pigia, canta a voce alta Hallelujah di Leonard Cohen.
… mentre un” fuori millennials” mormora tra sé, tenendo un libro tra le mani e ascoltando musica da una cuffia: «e studiavamo chiusi in una stanza, la luce fioca di candele e lampade a petrolio. E quando si trattava di parlare aspettavamo sempre con piacere».
Adam raccoglie pomodori, dal primo mattino alla prima sera. Sa cosa è la fatica. Serena, invece, corre tra un reparto e l’altro per assistere i pazienti dell’ospedale. Le piace fare l’infermiera, anche nel caldo d’agosto. Aldo sta lì, accovacciato all’ultimo banco della chiesa, con il suo rosario tra le mani. Prega anche per chi non può farlo. E Sara, l’indomabile Sara dell’Antico Testamento trapiantato nel borgo natio, ricama vecchi tessuti con l’abilità di una giovane fanciulla. Raccontando, a chi le chiede, la felicità di una vita. I giovani Rita e Antonio non sono andati con i loro amici per le vacanze. Il partito gli ha chiesto se danno una mano per le prossime elezioni politiche e loro hanno risposto di sì. Un tempo prezioso da destinare al bene comune. Se non ora, quando?
Le mani e i piedi di Frida Bollani Magoni sanno regalare emozioni. Figlia di uno dei più grandi pianisti europei e di una straordinaria cantante italiana, la giovanissima Frida, ipovedente dalla nascita, sa accostare con disarmante armonia la musica alla felicità. Le sue mani percuotono il piano con una sensibilità fuori dal comune, e i suoi piedi, rigorosamente senza scarpe, si adagiano alla madre terra dando cadenza al ritmo. La cura del cuore, degli occhi, della voce, dell’anima. La cura dell’”altro”. Frida canta la cura.
In questa estate che sorride alla vita, abbiamo cura di noi. Abbiamo cura di ogni “altro”, fuori da noi. Con mani e piedi che guardano al cielo con il sapore della terra, lasciando spazio all’inatteso.
Un libro, una canzone, una carezza, una camminata, un abbraccio, un silenzio, un sorriso, un bacio, una preghiera. E, finalmente, un incontro.
Sogniamo una nuova strada. E che musica sia.
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