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Per una cultura del noi - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Per una cultura del noi

Pubblico delle grandi occasioni, lo scorso sabato 14 settembre, a Casa San Girolamo, per le ormai tradizionali “Conversazioni di Spello”. L’iniziativa è stata promossa dall’Azione cattolica italiana – presente, fra gli altri, il presidente nazionale Giuseppe Notarstefano – con il contributo della redazione della rivista “Dialoghi” e il Comune di Spello. Sul tema “Per una cultura del noi. Alle radici del fare cultura e del senso di comunità”, hanno dialogato Luigi Alici, professore emerito di Filosofia morale e già presidente nazionale di Ac, Lorenzo Zardi, vicepresidente nazionale per il settore Giovani di Ac, e Pina De Simone, ordinaria di Filosofia della religione e direttrice di “Dialoghi”. Intermezzi musicali del violinista Stefano Rimoldi. La Casa ha aperto le porte a tanti amici per una visita, un momento di preghiera e, infine, grazie ai volontari di San Girolamo, cena in amicizia.Qui vi proponiamo un estratto dell’intervento di Luigi Alici.

(…) I valori più alti si alimentano reciprocamente dentro una polifonia relazionale. Il senso e il bene, la libertà e l’amore, la giustizia e la bellezza, la cultura e la cura non sono creazioni arbitrarie dei soggetti né proprietà naturali degli oggetti: sono forme di relazione, e per questo paradigmi di autenticità relazionale attraverso i quali traluce il mistero della creazione. Senza questo sguardo, diventiamo incapaci di conoscerci a fondo, di fidarci gli uni degli altri, di avere a cuore il bene comune, di coltivare disegni di solidarietà e di pace. Quando poi esplodono fatti di sangue atroci e inimmaginabili, sia nel circuito sempre più corto degli affetti – tra genitori e figli, tra uomini e donne, tra ragazzi giovanissimi –, sia negli scenari globali – violentati dal terrorismo, dalla guerra e persino da speculazioni finanziarie che affamano i poveri e aggrediscono il pianeta – ci sentiamo smarriti. Ma come, era un ragazzo solare, una famiglia normale, una conflittualità politica o un sistema finanziario sotto controllo! Nulla faceva presagire la catastrofe… Senza l’altezza dello spirituale, scambiamo la superficialità dei contatti per conoscenza profonda, e le simpatie o gli interessi occasionali per vero amore.

Il cristiano laico incontra la Trinità divina dentro la trama complessa delle relazioni

Il cristiano laico, su questa frontiera, non può distrarsi. A differenza delle forme di vita contemplativa, finalizzate all’unione mistica con Dio tendendo a ridurre al minimo l’apparato delle mediazioni, il cristiano laico incontra la Trinità divina dentro la trama complessa delle relazioni, comprendente la relazione con se stessi, con gli altri, con il mondo della natura, con l’intero della storia. L’incontro con Dio non è una relazione posta accanto alle altre, che finirebbe per legittimare l’idea di una fede sterile e separata, ma è la capacità di riconoscere e testimoniare orizzonti di ulteriorità e di trascendenza, che illuminano e dilatano le profondità riflessive, le larghezze comunitarie, le responsabilità creaturali, le lungimiranze storiche. Il laico cristiano riconosce e testimonia che in ogni relazione filtra una luce infinita: c’è una mistica anche della vita attiva, che cerca l’unità nelle giunture, la comunione nelle differenze, la prossimità nella distanza; che incontra Dio anche nel cuore dell’uomo e dell’umanità, alla radice degli spazi vissuti e oltre le distanze temporali. Riconoscere e aprire infinitamente questi orizzonti relazionali disegna lo spazio di incontro e dialogo tra credenti e non credenti.

Ponti che collegano cielo e terra

Un’associazione di laici come l’Azione cattolica e una rivista come “Dialoghi” devono porsi al servizio di questa testimonianza cristiana sulla soglia, in cui il primato dello spirituale non è la password per rifugiarsi in una tana rassicurante, ma è esigenza incontenibile di sintesi sempre nuove, capaci di allungare le arcate dei ponti che collegano cielo e terra, rendendole solide, capienti e percorribili. I grandi maestri di vita spirituale non si stancano di invitarci al senso profondo della fede come atto di abbandono fiducioso a Dio. L’abbandono alla grazia divina non è mai una fuga: illumina, insegna a progettare, a incontrare, a camminare insieme. L’atto con cui affido a Dio miserie, fallimenti, mediocrità, rinunciando a restarne intrappolato, in una dialettica interminabile di vittimismo e recriminazioni, mi libera da tutta questa zavorra umiliante, trasformando i sentimenti distruttivi della paura, della rabbia, dell’angoscia nei sentimenti costruttivi della fiducia, della gioia, dell’entusiasmo…

Testimoniare l’aurora nel cuore della notte

Ebbene, si deve poter fare lo stesso – credo – abbandonando nel cuore del mistero trinitario il groviglio di relazioni tossiche, malate, persino insanguinate, che ci stanno disseccando il cuore, lasciando che lo Spirito ci aiuti ad attraversarle; ci aiuti a tagliare, a potare e a ricucire; a trasformare gli ostacoli in punti di transizione, cambiando la nostra postura nei confronti della storia. Perché non sempre abbiamo buone relazioni con la storia: nell’epoca in cui dovremmo testimoniare l’aurora nel cuore della notte, manifestiamo solo la malinconia del tramonto. Nessun passo avanti è possibile quando la paura è miope e la mediocrità superficiale.

Una cultura senza una spiritualità, una spiritualità senza cultura

Per ridare ossigeno al primato dello spirito, abbiamo bisogno di una profonda immersione nel mistero trinitario, accreditata dal coraggio di nuove sintesi. Una cultura senza una spiritualità è un corpo senz’anima, una spiritualità senza cultura è il tradimento dell’incarnazione. Dio non ci amerebbe davvero se non ci desse anche i mezzi per entrare in rapporto con lui: è questo rapporto personale, del nostro cuore con il cuore dell’Amore trascendente – Padre, Figlio e Spirito – che ci rende testimoni credibili e illuminati. Ciò che conta davvero è incontrare la misericordia del Padre, che genera il Figlio in noi e ci dona lo Spirito dell’amore; solo così nasce il suo regno nel nostro cuore, e si generano legami grazie ai quali diviene possibile diventare liberi insieme.

Troppe tende alle finestre

Ha scritto Emmanuel Mounier, senza peli sulla lingua: «Troppi cristiani, in effetti, emigrano all’interno del proprio mondo. Vi sono troppe tende alle finestre delle loro case e a quelle della loro vita, troppe palpebre abbassate su sguardi che non sanno sopportare il peso delle cose»[12]. In una società dagli affitti brevi, dove fra i più giovani si fa strada il miraggio di poter vivere in solitaria, le comunità cristiane, così come le associazioni e i movimenti, hanno ancora troppe tende alle finestre e troppe palpebre abbassate, incapaci di sopportare il peso delle cose.

Sognare e progettare in grande

Solo una cultura che innalza lo spirito e accomuna le differenze può trovare un punto di equilibrio fra la cordialità dell’incontro con la storia e la severità della demistificazione critica di ogni assoluto terrestre, anche (e soprattutto) quando si vende nella forma luccicante di un’offerta a prezzo stracciato. Non possiamo abbandonare al suo destino un mondo che ci appare sempre più estraneo, accontentandoci di presidiare piccole oasi di generosità facoltativa, e rinunciando a intercettare i semi di bene che forse non abbiamo occhi per vedere. Il nostro compito è sognare e progettare in grande magnifiche architetture di bene e di convivenza; tessere nuove riconciliazioni tra pubblico e privato, tra ragione e speranza, tra libertà e responsabilità, tra amore e giustizia. Solo a una comunità cristiana che sappia “affidarsi agli imprevisti dello Spirito” (C.M. Martini), abitando, annunciando, testimoniando orizzonti di fraternità universale, possono aprirsi spazi autentici di incontro e di evangelizzazione. Ce lo ha insegnato anche don Tonino Bello: “Solo chi sogna può evangelizzare”. Occorre dunque sognare insieme: se “uno sogna da solo, il suo rimane un sogno. Ma se sogna insieme con gli altri, il suo è già inizio della realtà”.

Aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali

Ha scritto Dossetti (due anni prima di morire): «Non cerchiamo di rappresentarci questo sconvolgimento totale con dei modelli precedenti […] sono tutti non proporzionati, perché il rinnovamento è assai più radicale. Siamo dinnanzi all’esaurimento delle culture […] siamo tutti immobili, fissi su un presente, che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti.Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non viene meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada l’apertura a un mondo diverso […] L’unico grido che vorrei fare sentire oggi è il grido di chi dice: aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali e dei rimescolamenti più totali, attrezzatevi per tale situazione. Convocate delle giovani menti che siano predisposte per questo e che abbiano, oltre che l’intelligenza, il cuore, cioè lo spirito cristiano»[13].

[12] E. Mounier, I cristiani e la pace, Castelvecchi, Roma 2022, p. 55.[13] G. Dossetti, Intervista, “Bilamme. Rivista di spiritualità e politica”, 1994.

La relazione di Luigi Alici nella sua interezza è disponibile sul suo blog Dialogando

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