Premessa: perché questo viaggio-pellegrinaggio? La proposta del Movimento europeo di Azione nonviolenta (Mean) nasce dal desiderio e dall’impegno di non limitarci a sentirci impotenti rispetto agli eventi, a volte orrendi, che le cronache ci consegnano ogni giorno. L’impegno del Mean è quello di andare, incontrare, sostenere, proporre. Sì, proporre piccoli segni di vicinanza al popolo dell’Ucraina.
Abbiamo vissuto momenti intensi di preghiera in piazza di Santa Sofia con i rappresentanti di tutte le fedi religiose presenti a Kyiv. Tutto nella semplicità dell’incontro e attraverso i collegamenti a distanza di tante piazze e di tanta gente che si è collegata in streaming. Ci siamo confrontati in piccoli gruppi “sinodali” su vari ambiti della proposta dei Corpi Civili di Pace. Sono e siamo convinti che dall’ascolto, dal dialogo, dal guardarsi negli occhi, molte barriere cadono. E alla fine siamo tutti donne e uomini con un cuore e una mente.
Sono convinto che incontrare e ascoltare siano i verbi del cambiamento in questo tempo dove le forze del male sembrano prevalere sul bene.
Bisogna capire. Bisogna sentire. Bisogna condividere.
Dall’incontro si scoprono mondi, vite, saperi, gioie e dolori, che non conosciamo leggendo solo i giornali o guardando le immagini dei media e dei social. Nella concretezza del “tu per tu” si scopre quanto importante sia la vita. Questo, personalmente, ho scoperto e vissuto a Kyiv in questi giorni.
Sperimentare
Fare esperienza è una scelta che dall’Acr abbiamo incardinato nel progetto educativo e formativo nei cammini in Azione cattolica. Ma non solo noi l’abbiamo capito. Anche gli amici e le amiche dell’Agesci e dei Focolari, del Masci e del Movi, solo per citare alcune realtà che hanno colto l’opportunità di questo importante appuntamento a Kyiv.
Che cosa abbiamo concretamente fatto esperienza in questi giorni?
Abbiamo fatto esperienza che quando suona l’allarme bisogna ripararsi dai missili andando nei rifugi, a 20/30 metri sotto terra, nella metro o nelle cantine dell’albergo.
Abbiamo fatto esperienza di non avere né elettricità né il wi-fi a disposizione, ma per fortuna l’acqua, sì. E non tre minuti ma ore.
Abbiamo fatto esperienza di farci la doccia con la pila. A mangiare al lume di candela.
Abbiamo imparato a non avere tutto a disposizione!
Nel sperimentare abbiamo visto cosa succede quando tre giorni prima un missile ha colpito un ospedale pediatrico, luogo di e per la vita, dove sono morte molte persone e sono rimasti feriti bambini, medici, genitori, operatori sanitari …
I missili distruggono ma non cancellano le ferite, le distruzioni, la storia, il dolore e la rabbia.
Sperare
In questi giorni ci siamo spesso fatti la domanda: ma quando finirà questa inutile guerra? Perché la guerra? Perché utilizzare le armi? Fino a che punto questo dovrà durare?
Ho scoperto che le notizie che conosciamo quando siamo a casa nostra non sono per niente complete e sicure. Sono tutte mediate nel bene e nel male. Ho conosciuto giornalisti che sono andati al fronte, dove le città sono state occupate.
La verità non è una pedina che ognuno può usare come quando si gioca a scacchi. La verità ci dice la complessità, le complicazioni, gli aspetti invisibili.
In questo viaggio ho capito che si conosce parlando e discutendo sul posto. Allora si capisce il perché della forte identità degli Ucraini. La storia, la geografia, il pensiero, la cultura, la fede non nascono dal nulla. Bisogna rispettare. Bisogna capire che la libertà è lo spartiacque tra una parte ed un’altra.
Non abbiamo risposte e non ho risposte ai tanti interrogativi che amiche e amici mi hanno fatto prima di partire. Su una cosa sono convinto: ho speranza e non ho paura! O speranza nelle piccole cose che io, noi, tutti possiamo fare. Dobbiamo avere pazienza, cogliere i piccoli segnali. Cogliere la presenza del bene che c’è. Le persone ucraine che abbiamo incontrato vogliono difendersi sino in fondo. Lo fanno anche per noi! Ma non amano la guerra. Piangono i loro morti, soffrono condanne immeritate. A molti dei territori occupati è stata tolta la vita di pace, per occupare terre e spazi.
I racconti da Kharkiv, Mariupol, Zaporižžja, Kyiv … nella loro drammaticità ci dicono che la speranza c’è. Bisogna vincere le forze del male.
La speranza è nelle piccole cose. Confidiamo. Abbiamo pazienza. Il futuro non lo conosciamo. Ma crediamo che insieme una strada ci sarà e preghiamo il Buon D-o che ci aiuti.
Mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kyiv ci ha ricordato nell’incontro di preghiera che la guerra è contro D-o. E la guerra non ha scuse!
Al di là di quale sia il pensiero di ciascuno, dobbiamo avere fede!
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