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Pina Suriano e il Vangelo umile - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Pina Suriano e il Vangelo umile

Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci… innumerevoli passi alla sequela del Signore in terra siciliana. È la storia di Giuseppina Suriano, giovane donna di cui ricorrono i venti anni dalla beatificazione che è vissuta a cavallo dei due conflitti mondiali in provincia di Palermo, a Partinico, nell’arcidiocesi di Monreale. Viene immediatamente alla mente il Cristo Pantocratore, mosaico custodito nel Duomo normanno, e potremmo definire la vita di Pina, così come tutti la chiamavano e la ricordano, come un’espressione di quel volto accogliente e infinitamente buono. Nata il 18 febbraio 1915 e morta il 19 maggio 1950 quando il suo cuore si ferma improvvisamente per infarto, viene beatificata, assieme ad Alberto Marvelli e Pedro Tarres y Claret, da san Giovanni Paolo II il 5 settembre 2004.

Una delle lettere della sua “Infanzia spirituale” racchiude l’itinerario della sua missione: vuole essere un’apostola e sa di doversi formare prima alla scuola del Risorto. L’appartenenza alla Gioventù femminile di Azione Cattolica è il contesto formativo che la vede muoversi in una visione d’insieme che rende la sua formazione ecclesiale, moderna, estroversa, attenta a cercare e a servire il Vangelo in diversi contesti di vita. È un punto nevralgico il cammino formativo della beata nell’Azione Cattolica, poiché in Pina Suriano centralità eucaristica e centralità della persona coincidono.

Suriano: «Il mio monastero è il mondo»

Chi si avvicina alla biografia, oltre a scorgere una santità assimilabile alla spiritualità della vita domestica di Nazaret, potrebbe chiedersi quale sia stata la vocazione di Pina dal momento che «non si è fatta suora». Sin dall’adolescenza ha coscienza della sua vocazione con il desiderio di professare i voti religiosi. Tutto questo si scontra con tanti ostacoli, dalla famiglia alla precarietà della salute.Apparentemente non fa altro che sommare fallimenti. È Dio che la rimanda in profondità e i desiderati voti religiosi la conducono al voto di vittima. Ascoltare l’espressione «offerta di vittima» potrebbe lasciare attoniti, senza la capacità di comprendere in che cosa esattamente consista. A 20 anni così si esprime rivolgendosi a Gesù: «Sento struggermi in cuore un amore grande per Te, per Te che formi tutta quanta la mia felicità e la mia ricchezza. Gesù fammi tua, sempre più tua». Il mondo diventa il monastero della Suriano. Per farsi vittima si svuota di sé facendo spazio ad una vocazione inedita per quel tempo.

Pina è una donna piena di interessi, pronta a sostenere e a consolare i poveri, ad insegnare l’arte del ricamo, ama il canto e in parrocchia suona l’organo; la vediamo ai piedi del tabernacolo in adorazione, a creare una piccola biblioteca parrocchiale per diffondere la cultura cristiana, a contemplare il creato immersa nelle campagne del Partinicese; catechista con i bambini, impegnata a promuovere una coscienza civica sensibilizzando, in occasione del referendum del giugno 1946 su monarchia o repubblica, le donne e le giovani al dovere del voto. La vediamo baciare e sostare sul letto di ragazze affette da tubercolosi, senza paura del contagio; diceva, infatti: «Io questo lo faccio volentieri e senza paura perché, in caso diverso, quelle poverette si sentirebbero disprezzate e abbandonate».

Un viaggio dritto al cuore del Vangelo

Ci lascia pagine di vita intima e sociale che documentano questo viaggio coraggioso dritto al cuore del Vangelo. Nel suo motto «Voglio amarti soffrendo, voglio soffrire cantando» ci consegna la maternità spirituale di un’esistenza volta a promuovere la vita dentro le più intense emozioni che l’animo prova di fronte alle prove, alle sofferenze, alle chiusure, alle sopraffazioni, alle fragilità. Lascia nei suoi scritti la bussola per una ri-lettura del Vangelo non astratta o spiritualistica. Mostra che la preghiera è un incontro con il Dio vivo e che per questo incontro ci sono sempre un tempo e uno spazio, anche se non corrispondono a quelli immaginati.

Dopo 43 anni, il 15 settembre 1993 a Palermo rivediamo quella stessa «offerta di vittima » quando don Pino Puglisi, il primo beato ucciso dalla mafia, accoglie con il sorriso il suo assassino. E in quel Pantocratore contemplato dai due beati siciliani si può leggere una comune ed incessante chiamata controcorrente alla santità, fino al dono di sé. Una chiamata ancora attuale.

Articolo pubblicato su Avvenire del 20 settembre 2024.Giovanna Parrino già presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Monreale è curatrice con don Giuseppe Ruggirello del volume Pina Suriano: Gli scritti edito da Biblioteca “Ludovico II De Torres”.
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