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Terra. L’insostenibile impronta dell’uomo - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Terra. L’insostenibile impronta dell’uomo

L’allarme, l’ennesimo, questa volta arriva dal Wwf: ci restano un quarto di secolo per salvare la Terra. Poi rischia di essere troppo tardi: se l’uomo non modificherà il suo rapporto con l’ambiente entro il 2050, quello stesso ambiente potrebbe arrivare al collasso, un big bang ecologico dagli effetti disastrosi.

«Sappiamo – sottolinea il Wwf – non solo che la Terra ha 9 limiti che non devono essere superati, ma anche che dal 2015 almeno sei lo sono già stati: il cambiamento climatico, l’integrità della biosfera (perdita di biodiversità), il cambiamento d’uso del suolo, i flussi biogeochimici e – più recentemente nel 2022 – l’umanità ha superato il confine planetario relativo alle entità inquinanti, inclusa la plastica, a minaccia degli ecosistemi marini e terrestri. Nel 2023, è stata la volta dell’utilizzo di acqua dolce. Questo preoccupante trend non si sta fermando perché è alimentato dai nostri attuali modelli frenetici di sviluppo e di consumo».

La “montagna” più alta è quella dei rifiuti

A rincarare la dose è arrivato l’ultimo studio dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente: nel 2023 il mondo ha generato 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani, mentre la quantità di rifiuti non raccolti a livello globale potrebbe raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate entro il 2050. Con effetti disastrosi su ambiente e salute soprattutto per i Paesi a basso reddito.

Insomma, tra spazzatura, anidride carbonica, coltivazioni intensive, sfruttamento di quel poco che resta di risorse naturali, l’uomo ancora una volta si sente dire che deve cambiare il suo modo di stare al Mondo. Automaticamente, scatta la litania di buone pratiche mai osservate: lasciare l’auto in garage e prendere la bicicletta, eseguire con puntiglio la raccolta differenziata, limitare gli sprechi di acqua e quelli di energia. Solo con l’impegno di tutti, ci ripetiamo di continuo, si potrà lanciare finalmente uno stile di vita eco-compatibile, e questo vale soprattutto per chi abita nel “Nord” del mondo, principale responsabile dello sfruttamento indiscriminato delle risorse messe a disposizione dal Pianeta.

Se la Terra è al collasso, perché poco o nulla è stato fatto?

Il discorso fila, non c’è che dire. Ma al consumatore medio, attento a vivere responsabilmente il rapporto con il proprio personale ecosistema fatto di rubinetto-interruttore-pattumiera, sempre più spesso viene il dubbio di trovarsi al centro di una maxi burla, una specie di teatrino scandito da grandi allarmi e piccole ricette. Da anni si dice che la Terra è al collasso e che bisogna tutti cambiare il proprio stile di vita; ma in questi anni poco o nulla è cambiato, e la solerzia di milioni di abitanti pronti a raccogliere l’appello a poco o nulla è servita.

E allora, ci si domanda: chi lo dice che il primo passo per salvare la Terra debba farlo proprio lui, il signor Rossi? O soprattutto: chi lo dice che il primo passo lo debba fare lui nell’intimo della sua casa? Oltre al dovere di differenziare la lattina dalla bottiglia di vetro, il signor Rossi probabilmente ha anche il diritto di chiedere che la politica sappia fornire risposte di alto livello e di lungo periodo.

Il tema dell’ambiente, lo sappiamo, è delicato: ma non è lanciando (o assecondando) gli allarmi che lo si potrà risolvere. Anche qui, come su molti altri versanti, ci vorrebbe il coraggio di restituire il primato alla politica; una politica capace di guardare oltre al 2050 ma anche di alzare la voce sui tavoli che contano e non solo di ripiegarsi su sé stessa, appellandosi semplicemente alla responsabilità dei cittadini e alle loro buone maniere. Analizzando il percorso di transizione ecologica del Pnrr italiano, emerge – infatti – un quadro di pochi passi avanti e tanti ritardi. Un esempio: già dal 2023, l’Italia ha tagliato dal bilancio Pnrr più del 30% dei fondi inizialmente stanziati per investimenti legati al dissesto idrogeologico e alla messa in sicurezza degli edifici pubblici. Altro che rivoluzione verde.
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