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Vivere non ha età - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Vivere non ha età

Contribuire a costruire una società per tutte le età è una delle grandi sfide in cui l’Azione Cattolica si sente da sempre e quotidianamente coinvolta, in fedeltà alla propria storia e nel dialogo con le generazioni.Per questo ritiene necessario che alla base della società, del suo sistema economico, politico, sanitario, vi sia un asserto etico fondamentale e cioè la convinzione che ogni persona, la vita di ogni persona è un valore in sé stessa a prescindere dalla sua età.

La prospettiva in cui ci si muove è quella di non considerare più gli anziani (che, con un gergo leggero, chiamiamo “adultissimi”) come una categoria, quanto piuttosto guardare a tutta la società, adeguando le strutture sociali alla variata situazione demografica, rimettendo in discussione la struttura economica, l’organizzazione sociale, la visione della vita e del ciclo della vita, il sistema di relazioni interpersonali e intergenerazionali. In questo senso ci aiuta il Papa, un “adultissimo” appunto, che ha saputo rimettere al centro questa età della vita con intelligenza sapienziale e pragmatismo.

Un passato-presente-futuro armonicamente coordinato

D’altra parte, ogni sviluppo del progresso sociale, attento alla persona, non può avvenire se non tenendo presente il costante evolversi delle generazioni in un passato-presente-futuro armonicamente coordinato.

Anche le necessarie politiche assistenziali potranno esplicare pienamente tutto il positivo contenuto in esse se saranno sostenute dalla strategia del dialogo sincero tra generazioni, da una valorizzazione di tutte le età della vita che porta a scoprire e sperimentare una stretta interdipendenza tra le varie componenti sociali, dalla reciprocità. In tutte le fasi della vita, dunque anche da anziani, gli esseri umani possono sperimentare la reciprocità del “dare e ricevere”.

Ecco perché è importante che le varie iniziative tese a inserire l’anziano, come vero protagonista nella vita sociale, ecclesiale e associativa lo devono vedere partecipe in prima persona della loro stessa ideazione. L’anziano, infatti, per l’esperienza che ha acquisito, è portatore di una visione realistica dell’esistenza che insegna a considerare anche i limiti che la connotano.

Gli adultissimi sono un bene comune da riscoprire

Pertanto, la piena partecipazione dell’anziano nel processo di crescita complessiva della società, non può limitarsi solo a restituirgli quella funzione e quel ruolo sociale ed ecclesiale che gli consentano di esprimere la sua identità, ma presuppone anche che egli sia messo in grado di immettere nella società quella linfa vitale e quel supplemento d’anima, maturato dall’esperienza, che è indispensabile alla vita dell’uomo.Va superato uno stereotipo sociale che vede la persona anziana come una persona che non è più nella tensione del vivere, dimenticando che si cresce fino al momento della morte.

L’età anziana, libera in genere da legami vincolanti di tempo, favorisce l’interesse per altre attività: la formazione culturale, artistica, spirituale, l’impegno verso gli altri, per l’approfondimento dei rapporti; momenti significativi dell’esperienza umana che concorrono a dare piena espressione al bisogno di identità della persona in tutte le fasi della vita e che diventano patrimonio per tutta la famiglia e per tutta la comunità. È un bene comune.

Essere anziani non è sinonimo di malattia

Attualmente, se l’anzianità è fatta oggetto di attenzione sociale, lo è sotto l’aspetto assistenziale. Una prospettiva di approccio del tutto limitata e insufficiente e inoltre non corretta, sul piano scientifico, poiché l’età anziana non è sinonimo di malattia.

Chi è l’anziano per noi, dunque? Una persona che ha imparato fin dal tempo precedente a invecchiare; che accetta e vive questa fase della vita come una crescita continua, come un’evoluzione e non un’involuzione. Ma è anche una persona che ha diritto a una prospettiva nuova che necessita il reinventare stili di vita alternativi all’immagine consumistica, così come è necessario rendere più evidente la realtà degli anziani come cittadini testimoni della memoria collettiva e come elaboratori coscienti e competenti di nuove idee, in un diverso processo di creatività intellettuale e morale.
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