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Torniamo al gusto del pane - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Torniamo al gusto del pane

In un libro di alcuni anni fa, Kohélet/Ecclesiaste, lo scrittore Erri De Luca traduceva in modo esemplare quel famoso versetto biblico tratto da Qohelet 11,1, in questo modo: «Manda il tuo pane sul volto delle acque, perché in molti giorni lo ritroverai». Una sintesi traduttiva basata sulla fedeltà all’originale ebraico che lo scrittore ha sempre avuto – scelta benevolmente condivisa da un grande conoscitore delle scritture sacre come il card. Ravasi –, ma che, proprio per fedeltà alla parola scritta, ha saputo così bene proporre ai lettori di questo libro dell’Antico Testamento, accompagnandoli a delle dinamiche “sacre” capaci di confluire in un percorso dove l’umanità sa guardare con simpatia al cielo e della terra. Il pane, la massima espressione di accoglienza del genere umano, viene dato in prestito “a prescindere”. A chi lo consuma, e a chi poi lo distribuisce. Il pane vestito a festa, il pane che sfama, il pane dei poveri, il pane della condivisione, ci viene tolto di bocca per darlo a chi più ne ha bisogno. È il miracolo del pane: nel cristianesimo il pane della salvezza eterna, nelle restanti rivoli della geografia della storia il pane che salva la vita alle genti in preda a carestie, guerre e povertà insopportabili. Torniamo al gusto del pane.

La Giornata per la Custodia del Creato

Questo pane della misericordia viene ricordato il prossimo 1° settembre 2022 nella 17ª Giornata per la Custodia del Creato – attraverso un Messaggio, redatto dai vescovi delle Commissioni per i Problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e dell’Ecumenismo e il dialogo. Quest’anno la celebrazione nazionale sarà ospitata dalla diocesi di Reggio Calabria-Bova nei giorni 17 e 18 settembre 2022 e il tema è, appunto, «Prese il pane, rese grazie» (Lc 22,19). Il tutto nel frammento. 

Quante cose sa dirci un pezzo di pane

Quante cose sa dirci un pezzo di pane! Vero. Basta saperlo “mangiare”, dicono gli anziani. Forse, ancora meglio, sarebbe utile saperlo “ascoltare”. Perché il pane mette insieme la fedeltà dell’uomo alla terra e al creato, e l’attitudine sempre dell’uomo a rispettare i doni della natura che il mondo (e Dio) ci ha dato in prestito. Le mani che impastano la farina e l’acqua per fare il pane non sono altro che il prolungamento del seno materno che dà vita, che accoglie a braccia aperte il figlio e la figlia. Il pane dà la vita. 

Il Congresso Eucaristico Nazionale

Forse non è un caso che la Chiesa italiana, che a Matera si prepara a celebrare il Congresso Eucaristico Nazionale, titoli il convegno in questo modo: Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale. E allora andandoci un po’ a leggere il Messaggio, troviamo scritto come ogni pezzo di pane «arriva da lontano» ed è «un dono della terra». Anche oggi, nell’epoca della grande distribuzione e della panificazione industriale, il pane rimane ciò che è da sempre: «un’offerta della terra, da accogliere con gratitudine». «Quando Gesù prende il pane nelle sue mani – si legge nel Messaggio – accoglie la natura medesima, il suo potere rigenerativo e vitale; e, dicendo che il pane è “suo corpo” Egli sceglie di inserirsi nei solchi di una terra già spezzata, ferita e sfruttata».

E poi la gratitudine.

Gesù, «dopo aver preso il pane nelle sue mani, pronuncia le parole di benedizione e rende grazie». «È la gratitudine il suo atteggiamento più distintivo, nel solco della tradizione pasquale. Essere grati è, dunque, l’attitudine fondamentale di ogni cristiano». E «chi non è grato non sa prendersi cura e diventa predone e ladro, favorendo le logiche perverse dell’odio e della guerra». Si abbandona allo spreco, spadroneggia su ciò che non è suo. Le tristi immagini che ci arrivano ogni giorno dalla guerra in Ucraina, ci dicono proprio quanto chi distrugge la terra limiti poi la distribuzione del cibo.

E poi la condivisione. 

«In particolare, spezzare il pane la domenica, Pasqua della settimana, è per i cristiani rinnovamento ed esercizio di gratitudine, per apprendere a celebrare la festa e tornare alla vita quotidiana capaci di uno sguardo grato». Perché mangiare con altri significa allenarsi alla condivisione. «A tavola si condivide ciò che c’è. Quando arriva il vassoio il primo commensale non può prendere tutto. Egli prende non in base alla propria fame, ma al numero dei commensali, perché tutti possano mangiare». 

È il segreto dell’ospitalità specie se è inattesa. Il gusto dell’”Altro” che non ammette confini e si abbandona al piacere dello stare insieme.

*Gianni Di Santo, redattore di Segno nel mondo e scrittore, ha dedicato al cibo e al suo rapporto con il creato due libri. Per Ave, A tavola con Dio e per Einaudi, insieme a Moni Ovadia, Il conto dell’ultima cena.

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