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Vita Parola Vita - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Vita Parola Vita

Come conciliare la formazione con gli adulti di oggi e come gestire il cambiamento d’epoca per il laico di AC? Don Emilio non ha dubbi: ripartire dal paradigma associativo Vita-Parola-Vita è un metodo ancora valido e profetico, ma va costantemente scelto e rivalutato.

L’intuizione di questo percorso (Vita-Parola-Vita), ricorda Don Emilio, proviene dal Concilio Vaticano II e dall’esperienza di vita vissuta propria degli aderenti, ed è strutturato e fatto proprio dall’Azione Cattolica che “ci ha insegnato che l’ascolto della Parola deve andare di pari passo con una percezione affinata di quello che vivono qui ed ora le donne e gli uomini che ci stanno intorno” e che serve “una interpretazione di questo vissuto alla luce delle scritture a sua volta orientata all’azione” (cit. Christoph Theobald, Urgenze pastorali, ed. dehoniane, 2019, pag. 282) .

Esempio biblico di questa esperienza, propone Don Emilio, si trova in Atti 8, 26-40, episodio in cui Filippo battezza l’eunuco. L’apostolo sente l’eunuco leggere un brano di Isaia e viene da lui invitato a spiegarlo.

Filippo, tramite tale brano, parla direttamente all’esperienza di quest’uomo a cui è stata ‘recisa’ la vita e impedita la discendenza portandogli quindi la Buona Novella del Vangelo ed una nuova prospettiva di fecondità nella sua esistenza. In altre parole, questo testo ci racconta che la vita umana è il luogo teologico dove parla Dio.

È nella vita che si riconosce la presenza di Dio e luogo in cui la Parola illumina e dà un ‘oltre’. La vita è alfabeto della Parola, in quanto vi si trovano le lettere per poter capire la Scrittura e riconoscervi la presenza di Dio.

Parliamo quindi di uno sguardo contemplativo, di discernimento personale e comunitario ma essenzialmente , usando le parole di Deuteronomio, ci domandiamo se “Dio è con me o non lo è” perché la risposta cambia totalmente la prospettiva della nostra vita.

Perché dunque l’adulto dovrebbe raccontare la vita? Per scoprire che Dio è presente: la fede cristiana nasce dall’ascolto e ciò che si ascolta è principalmente un racconto.

La Bibbia dunque è, per la gran parte, una biblioteca di racconti di come i nostri padri hanno incontrato Dio e di come, improvvisamente, scoprono che quel Dio che credevano lontano, quella Parola che credevano estranea, era invece già all’opera nella loro vita. Questo quindi è l’obbiettivo della formazione in AC: imparare a riconoscere e incontrare Dio nella propria vita!

Proseguendo in questo percorso Vita-Parola-Vita, Don Emilio passa ad un’altra domanda: perché la Parola illumina la vita? Per scoprire che la piccola storia che ciascuno racconta fa parte della grande storia della salvezza (cit. Theobald). Non siamo noi, infatti, ad essere chiamati ad interpretare la Bibbia ma è lei che interpreta la nostra vita. Questo significa quindi che siamo già dentro la Bibbia! Nella Parola c’è già ciascuno di noi: l’arte di leggere il Vangelo consiste nel ‘leggersi’ nel Vangelo.

E c’è una conversione pastorale che pare essenziale per Don Emilio: quella della conversione DALLA dottrina e DALLA morale che ci sono state insegnate, AL Vangelo. Questo passaggio richiede tanto tempo e fatica perché umanamente abbiamo sempre la nostalgia dello schema definito che ci rassicura la vita: dobbiamo imparare a convertirci dalla dottrina al Vangelo e dalla dottrina alla realtà.

Ecco quindi l’ultimo passaggio: la realtà. La realtà, sempre nella riflessione di Don Emilio, è molto più interessante della dottrina perché proprio nella realtà c’è Dio! Dio è molto più interessante delle nostre ideologie! Allora dare primato alla vita vuol dire scoprire che nella mia storia di tutti i giorni incontro Dio alla luce della Parola.

Come provare quindi ad essere protagonisti in questa nuova realtà sociale? Don Emilio ci lascia alcune testimonianze e provocazioni.

Prioritario sarà imparare a fare le cose con leggerezza e a non essere attaccati alle dottrine, perché gli adulti di oggi sono diversi dagli adulti di ieri. Ad esempio , nell’utilizzo dei nostri testi rischiamo di fare cultura e dottrina, senza però, toccare la vita delle persone. Il grosso rischio è quello di rimanere troppo in superficie e, di conseguenza, di non riuscire ad aiutare gli adulti a scoprire o riscoprire che “Dio è nella mia vita”!. E dobbiamo ritrovare la leggerezza e il gusto di andare al centro delle cose, all’essenziale.

Ma siamo in grado di scegliere la leggerezza o vogliamo ancora la completezza del messaggio? Abbiamo fiducia nel Vangelo o pensiamo ancora che i temi culturali siano vincenti con gli adulti? Vogliamo ancora la chiesa come luogo centrale (es.fare il gruppo in sacrestia) oppure decidiamo che possiamo incontrarci e far gruppo nelle case, che vi si può commentare il Vangelo, vi si può celebrare e raccontarsi la vita?

Quando finalmente sentiamo la Parola nella nostra quotidianità, allora tutto ci appare sensato e ritroviamo fiducia. Certamente ci rendiamo conto che questo sentire non è una cosa improvvisa, perché è una grazia, ma va preparata e costantemente accompagnata.
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