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Quel dono che sono i giovani per la Chiesa - Azione Cattolica Italiana Arcidiocesi di Palermo

Quel dono che sono i giovani per la Chiesa

Quando la scorsa estate tornammo dalla GMG di Lisbona insieme a Emanuela scrivemmo di esserci portati a casa la consapevolezza che papa Francesco stesse gridando al mondo che questo era il tempo per abbandonare il giovanilismo di facciata. Quel youth washing oggi ormai molto praticato in tanti contesti civili ed ecclesiali. A quella convinzione, leggendo le parole del Messaggio che Francesco ha rivolto ai giovani lunedì, nel quinto anniversario dell’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, si è aggiunta la certezza di essere profondamente guardati e intensamente abbracciati.

Da giovane mi sento guardato con lo sguardo della cura, perché papa Francesco non si stanca di ricordarmi ciò che io tendo a dimenticare, che la mia vita al Signore va bene così come è: «Lui, che ha dato la sua vita per te, non aspetta, per amarti, la tua perfezione».Da giovane mi sento avvolto da un abbraccio che sostiene, perché al posto di quelle dichiarazioni di speranza verso le giovani generazioni che finiscono sempre per rivelarsi una fiducia controllata o di facciata, nelle parole del papa trovo l’incoraggiamento costante a riconoscere il valore che noi giovani sappiamo portare al cammino di tutta la Chiesa.

È così che, leggendo le parole di papa Francesco, mi sono trovato a ripensare alle riflessioni sullo “scartare” di uno scrittore, Guido Marangoni. Perché se è vero che da papa Francesco abbiamo imparato ad accorgerci della logica dello scarto che drammaticamente connota il nostro tempo, mi sembra ancor più vero che è dal papa che stiamo imparando a “scartare” e cioè di aprire la vita delle persone. Perché, come scrive Marangoni, «oltre a rifiutare o escludere», scartare il dono della vita dei fratelli e delle sorelle è l’unico modo «per guardarci dentro» e scoprire la sete di Amore che abita i nostri cuori. Quando è prezioso imparare, come fa papa Francesco, a «scartare le persone per scoprirle, per guardarle dentro, invece di scartare per escluderle» (1).

Celebrare questo quinto anniversario della Christus vivit con un messaggio a noi giovani, allora, non è tanto ricordare con nostalgia un tempo entusiasmante per la Chiesa ma è un invito a fare memoria del dono che sono i giovani per la Chiesa. Significa ricordare per alimentare le speranze che hanno abitato i giovani venuti a Roma a marzo del 2018 per la riunione Pre-Sinodale. Ancora mi emoziono ricordando l’entusiasmo di Luisa, Adelaide e Gioele che in quei giorni portavano i sogni e le speranze, i dubbi e le preoccupazioni dei giovani italiani, nel dialogo con i giovani di tutto il mondo, all’attenzione della Chiesa universale. Quei sogni, quelle speranze, quei dubbi e quelle preoccupazioni sono domande di vita anche dei giovani di oggi e devono trovare un luogo libero e accogliente nei nostri cammini di fede.

Ricordare il quinto anniversario della Christus vivit, ancora,significa pensare con stupore al ricordo dei giovani italiani che Per mille strade nell’agosto di quell’anno vennero a Roma per incontrarsi, porre domande di vita al Santo Padre e pregare per l’Assemblea sinodale dei vescovi che sarebbe iniziata quell’autunno. Sono le stesse domande a cui papa Francesco a Lisbona ha risposto incoraggiandoci a non avere paura e ribadendo che di noi «la Chiesa e il mondo hanno bisogno come la terra della pioggia».

Ricordare l’anniversario della Christus vivit, infine, significa rievocare gli appuntamenti informali e conviviali vissuti il giovedì sera con i padri sinodali in via della Conciliazione nell’ottobre 2018, quando molti di loro scelsero di proseguire ad ascoltare e dialogare con i giovani per continuare a discernere la volontà del Signore. È quello stesso processo che stiamo continuando a vivere con il cammino sinodale e con il Sinodo universale sulla sinodalità.

Celebrare l’anniversario della Christus vivit sfida la Chiesa a saper accompagnare noi giovani, a saper comprendere e abitare i nostri grandi opposti che ci vedono essere, contemporaneamente, entusiasti sognatori e pessimisti frustrati, pronti a impegnarci con gratuità e dedizione e abitati dal senso di inadeguatezza e dallo scoraggiamento.

Perché «Cristo vive e ci vuole vivi» e la nostra vita, così diversa dalle generazioni che ci hanno preceduto, è preziosa, è «chiasso buono», «motore pulito e agile […] modo originale di vivere e annunciare la gioia di Gesù Risorto» di cui la Chiesa oggi ha bisogno per esplorare con creatività vie nuove rimanendo fedele alle sue radici.

(1) G. Marangoni, Universi di-versi, Sperling & Kupfer, pp. 21-22.
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